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PROLOTERAPIA: UNA TECNICA INFILTRATIVA EMERGENTE - NE PARLA IL DOTTOR FRANCESCO PERRINI

L’infiltrazione di una sostanza naturale (destrosio) può rivelarsi anche molto efficace nel trattamento delle entesopatie. E nei pazienti artrosici può ridurre dolore e disabilità, ritardando l’intervento protesico.

Francesco Perrini
Il dottor Francesco Perrini parla della Proloterapia

Considerata metodo non convenzionale, da alcuni anni la proloterapia (per esteso terapia proliferativa) sta raccogliendo sempre maggiore consenso nei settori disciplinari implicati nel trattamento delle patologie del tessuto connettivo di pertinenza muscolo-scheletrica, grazie al supporto di una crescente mole di studi scientifici. Inclusa nel novero delle terapie infiltrative rigenerative, sfrutta l’azione proinfiammatoria di una soluzione di destrosio per innescare la reazione riparativa dei tessuti degenerati. Accreditata a livello internazionale, promossa da società scientifiche dedicate e iscritta nei protocolli di trattamento evidence-based in alcuni paesi, tra cui gli Stati Uniti, In Italia è ancora poco conosciuta. Abbiamo chiesto a Francesco Perrini, specialista ambulatoriale convenzionato di Ortopedia presso l’Azienda Sanitaria Locale Torino 5 con formazione in proloterapia certificata dalla Hackett Hemwall Patterson Foundation, di illustrarci le prerogative, le indicazioni cliniche e le prospettive di implementazione di tale tecnica.


Dottor Perrini, innanzitutto quanto è diffuso oggi l’impiego di questo tipo di trattamento nel nostro paese?

Al momento è ancora poco diffuso ed è praticato soprattutto da fisiatri. La sua applicazione da parte di ortopedici è rara, probabilmente perché la nostra forma mentis porta spesso a privilegiare la chirurgia. Oltretutto, negli ultimi anni si sta verificando l’utilizzo abusivo delle tecniche di proloterapia in ambiti professionali diversi, mentre è imperativo che sia considerata un atto medico. Per questo motivo la Società italiana di proloterapia (Sipro – www.proloterapia.eu) si è posta come obiettivi, oltre a divulgazione e ricerca, anche la formazione rivolta alla classe medica.


In quali contesti clinici viene praticato?

Data l’estrema semplicità delle tecniche, purché ovviamente applicate da operatori competenti, e dei materiali necessari, la proloterapia è realizzabile in qualsiasi contesto, anche ambulatoriale. Oggi qui da noi viene praticata più comunemente presso studi privati, ma può essere effettuata nelle strutture del Sistema sanitario nazionale, rientrando nel tariffario delle prestazioni al codice 81.92 che riguarda i trattamenti infiltrativi. Occorre solo prevedere la tempistica appropriata, in quanto la durata del singolo trattamento è di 15-20 minuti, ma vanno considerati i tempi di preparazione delle soluzioni, presa in carico e vestizione del paziente.


Per quali condizioni patologiche viene più spesso utilizzato?

Nella maggior parte dei casi l’obiettivo del trattamento sono le entesi e poiché è possibile eseguire le infiltrazioni in molti distretti dell’apparato locomotore, si applica ormai in molti campi. È una terapia particolarmente adatta in ambito sportivo, dove tendinopatie o patologie articolari e peri-articolari persistenti e croniche sono comuni. In soggetti artrosici, quando l’intervento di protesi articolare non sia ritenuto necessario oppure non sia fattibile per altre controindicazioni, costituisce una strategia efficace per la riduzione del dolore e per ottenere un sufficiente recupero funzionale. In generale l’articolazione di gran lunga più trattata è senz’altro il ginocchio, seguito dalla spalla. Un’altra indicazione appropriata è costituita dalle sindromi dolorose del rachide, dalla cervicalgia fino alla coccigodinia, anche se le patologie della colonna e del bacino hanno una minore frequenza di trattamento in quanto afferiscono più spesso agli ambulatori di terapia antalgica. Attualmente la tipologia e l’età dei soggetti sono diverse anche in funzione del contesto ambulatoriale, con una prevalenza di pazienti anziani artrosici nelle strutture del Sistema sanitario nazionale.


Quali vantaggi offre la proloterapia rispetto ai trattamenti convenzionali?

Al di là del fatto che si infiltra una sostanza naturale, il primo punto a favore della proloterapia nel trattamento delle entesopatie consiste nel limitare la somministrazione di antinfiammatori e soprattutto di cortisonici. Il confronto in termini di efficacia con il Prp, che negli ultimi anni si è iniziato a utilizzare anche a livello delle entesi in casi selezionati, è a favore di quest’ultimo, a dispetto, però, dei costi più alti e del maggiore impegno richiesto. In alcune condizioni croniche la proloterapia può ottenere benefici superiori a quelli delle terapie fisiche, che tra l’altro spesso comportano trattamenti ripetuti per tempi lunghi, costi elevati e carichi di lavoro insostenibili per molti centri di fisioterapia. Infine, grazie alla riduzione del dolore e del grado di disabilità dei pazienti consente di limitare o almeno ritardare l’indicazione agli interventi protesici. Pertanto a un buon profilo di efficacia e sicurezza si accompagna un consistente contributo alla riduzione della spesa farmaceutica e sanitaria in generale e alla limitazione di trattamenti che hanno un rapporto costi-benefici meno favorevole. Va detto che le risposte al trattamento non sono sovrapponibili in tutti i pazienti, anche a parità di condizioni cliniche, e che in alcuni casi sono insoddisfacenti. Il beneficio a volte permane per anni, altre volte la sintomatologia può recidivare entro un anno. Le cause di questi risultati disomogenei non sono chiare. Nella mia esperienza, risultano più refrattari i soggetti che assumono cortisonici e immunosoppressori, spesso per patologie reumatiche, verosimilmente per la ridotta capacità di attivare i processi flogistici e rigenerativi.


In quali casi può essere complementare ad altri tipi di intervento?

È un trattamento che può sempre essere associato a quelli convenzionali. Per fare qualche esempio, il Prp può essere utilizzato in combinazione con le infiltrazioni di destrosio allo scopo di ottimizzarne gli effetti, mentre l’infiltrazione intra-articolare di acidi ialuronici può essere abbinata alla proloterapia in sede peri-articolare. In molte patologie si ottengono risultati migliori integrando la proloterapia con il trattamento riabilitativo in quanto la sollecitazione funzionale, nel corso della guarigione dei tessuti connettivi, è necessaria per l’orientamento delle fibre e l’ottimale risposta ai carichi. Oltretutto il recupero degli schemi motori corretti è indispensabile tanto nello sportivo per il ritorno alle attività precedenti quanto nei pazienti che abbiano sviluppato una disabilità per il ripristino delle autonomie.


Vi sono controindicazioni specifiche o effetti avversi?

Ovviamente va evitata la somministrazione di anestetici locali in soggetti che risultino allergici. Altra controindicazione assoluta è la presenza di patologie infettive locali. Controindicazioni relative sono i traumi, le artriti e le tendinopatie acute, in quanto condizioni nelle quali è in atto già un processo infiammatorio. Gli effetti collaterali sono modesti. L’effetto più comune e in un certo senso “desiderato” consiste nell’insorgenza di dolore, in genere moderato e della durata di due o tre giorni, dovuto all’attivazione della risposta flogistica locale, a volte con formazione di ematoma. Tale reazione non deve preoccupare e non va contrastata (con antinfiammatori, applicazione di ghiaccio ecc.) per non ridurre l’azione proinfiammatoria del trattamento. Può invece essere utile prescrivere il riposo e, se necessario, l’assunzione di analgesici. In pazienti in terapia con antiaggreganti o anticoagulanti oppure affetti da piastrinopenia è possibile che si verifichi un lieve e breve sanguinamento dalle sedi infiltrate. In questi casi occorre prestare maggiore attenzione nell’eseguire l’infiltrazione, ma il trattamento non è controindicato, anche in ragione del ridotto calibro degli aghi utilizzati. Il rischio infettivo è trascurabile ma va da sé che, come in ogni trattamento infiltrativo, l’asepsi deve essere scrupolosa.


Esistono linee guida per l’applicazione della tecnica?

A livello internazionale esistono le pubblicazioni della Hackett Hemwall Patterson Foundation, principale organo di studi e formazione che ha sede presso l’Università di Madison in Wisconsin, tra cui il manuale di Joel Baumgartner “Regenerative Injections. The Art of Healing: Injection Manual”, la cui ultima edizione è del 2019 (7h edition). Per quanto riguarda la realtà italiana la proloterapia riscuote da tempo interesse in ambito riabilitativo e di recente è stata descritta nel volume “Linee guida, buone pratiche ed evidenze scientifiche in riabilitazione” curato da Valter Santilli, membro del Comitato scientifico della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer) ed edito dal Centro stampa dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza” nel 2019. Per l’applicazione sono stati formulati protocolli infiltrativi per ogni distretto, con indicazione del posizionamento del paziente, del disegno anatomico e della tecnica iniettiva. Per apprendere la metodica, invece, è necessario frequentare i corsi di formazione specifica che sono organizzati anche in Italia dalla European School of Prolotherapy, emanazione della Hackett Hemwall Patterson Foundation.


Quali sono le principali indicazioni metodologiche?

Innanzitutto è richiesta una tecnica rigorosa e in primo luogo rispettosa dell’anatomia dell’apparato locomotore, al fine di stimolare con precisione, anche in sedi profonde, i tessuti patologici e al contempo evitare danni a organi o a strutture neuro-vascolari adiacenti. Questa precisazione può apparire scontata ma non lo è alla luce di qualche episodio di malpractice: per infiltrazioni in sede vertebrale effettuate in modo scorretto, per esempio, sono stati descritti casi di penetrazione nel canale o addirittura di pneumotorace. A tale proposito ricordo che nel corso della curva di apprendimento può essere di aiuto eseguire l’infiltrazione sotto guida ecografica, almeno per chi non abbia già esperienza di chirurgia ortopedica nella sede anatomica trattata. Riguardo alle sostanze iniettive gli studi hanno condotto a standardizzare il trattamento con soluzioni ipertoniche di destrosio al 15% in sede peri-articolare e tendinea e al 25% in sede articolare, insieme con un anestetico locale, per esempio lidocaina o mepivacaina, in minima concentrazione, di solito dell’1%. In genere, si iniettano 1-2 cc di soluzione per ogni sede. Per quanto concerne il timing del trattamento si consigliano cicli infiltrativi di tre, cinque o più sedute, intervallati da almeno due settimane, tempo necessario affinché si producano gli effetti biologici desiderati. Durante il periodo di trattamento si consente al paziente di svolgere tutte le attività motorie che non provochino dolore, comprese le attività sportive, con l’eccezione dei tre giorni successivi a ogni seduta. Aggiungerei che in tutti casi è bene evitare semplicismi e facili entusiasmi, anche a seguito di buoni risultati. La proloterapia va ad aggiungersi ad altri trattamenti forti di esperienze più consolidate e necessita di ulteriori approfondimenti teorici e pratici. Rappresenta però senz’altro una risorsa terapeutica alternativa o complementare valida in molte condizioni croniche e prima di avviare il paziente alla chirurgia ortopedica.

CASO CLINICO 1 Donna di 90 anni con artropatia da rottura della cuffia dei rotatori (cuff tear arthropathy). Autonoma (vive da sola) VAS pre-trattamento: 8 VAS post-trattamento (5 sedute): 2


CASO CLINICO 2 Donna di 29 anni con sindrome da squilibrio femoro-rotuleo bilaterale VAS pre-trattamento: ginocchio sinistro 7, ginocchio destro 5 VAS post-trattamento (5 sedute): ginocchio sinistro 2, ginocchio destro 1


CASO CLINICO 3 Donna di 68 anni affetta da lombalgia cronica con pseudo-sciatalgia bilaterale in esiti di scoliosi di grado avanzato Non segni di deficit neurologico periferico. Normale funzionalità respiratoria VAS pre-trattamento: 9 VAS post-trattamento (6 sedute): 3



PROLOTERAPIA: COME AGISCE IL DESTROSIO_«Il meccanismo d’azione della proloterapia è multifattoriale» precisa Francesco Perrini, spiegandone poi gli aspetti principali. La soluzione ipertonica di destrosio esercita un’azione iperosmolare, con iniziale apoptosi in un’area circoscritta, conseguente attivazione della cascata infiammatoria per liberazione di citochine e successivo rilascio di fattori di crescita tissutali. Alcuni studi, peraltro, hanno evidenziato che in alcune condizioni la risposta non è di tipo infiammatorio ma di stimolazione diretta dei fibroblasti, con conseguente deposizione di collagene, e di proliferazione vascolare. Inoltre si ha un effetto analgesico neurosensoriale sul cosiddetto sistema sensocrino. Studi di laboratorio che hanno messo a confronto la tecnica con destrosio rispetto al semplice needling o a infiltrazione di soluzioni saline ne hanno documentato sia gli effetti rigenerativi, con proliferazione cellulare, ispessimento e aumentata resistenza ai carichi dei legamenti, sia l’effetto condrogenico, con produzione di cartilagine fibrosa e simil-ialina.

PROLOTERAPIA: LE EVIDENZE SCIENTIFICHE_Negli ultimi anni le ricerche sulle potenzialità della proloterapia si stanno rapidamente moltiplicando sulla spinta delle esperienze cliniche positive. «Sono ormai numerosi gli studi che hanno riportato buoni risultati a breve e lungo termine nelle tendinopatie e nelle entesopatie da sovraccarico funzionale – ci riferisce Francesco Perrini citandone alcuni a titolo di esempio –. In particolare, trial prospettici randomizzati sulle tendinopatie della cuffia dei rotatori, fi no alle piccole lesioni a tutto spessore, hanno evidenziato una maggiore efficacia della proloterapia in termini di riduzione del dolore a lungo termine rispetto a infi ltrazioni di soluzione fisiologica e anche nel confronto con la rieducazione motoria e le terapiefi siche, pur non evidenziando sostanziali differenze tra i gruppi nella valutazione ecografica». Aggiunge gli studi clinici randomizzati e le revisioni sistematiche che hanno confermato l’efficacia del trattamento nella gonartrosi e i lavori che ne hanno documentato glieffetti positivi nella rizoartrosi e nell’artropatia deformantedelle dita. «Minori evidenze si hanno invece nel trattamento del low back pain, che pure è un interessante campo di applicazione – conclude l’esperto –. Molto probabilmente perché la patogenesi complessa di tale condizione richiede un approccio multidisciplinare». Una selezione dei principali contributi della letteratura scientifi ca è consultabile sul sito della Società italiana di proloterapia (Sipro).


Se preferisci, leggi l'articolo su Orthoacademy, segui il link:

https://www.orthoacademy.it/proloterapia-tecnica-infiltrativa-emergente/

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